Omelia per la XX domenica del Tempo Ordinario (1 settembre 2024 - Anno B) - FESTA DEGLI AMICI DEL MONASTERO
La Parola che ci è consegnata oggi è una parola difficile,
una parola che provoca e mette in luce tutte le nostre ipocrisie. Certo
potremmo pensare che sia una parola non tanto piacevole da ascoltare in un
giorno di festa, poiché sembrano parole più di rimprovero che di gioia e
consolazione. Ma non dobbiamo fermarci all’apparenza! Interroghiamo piuttosto la
Scrittura provando a vedere quale benedizione il Signore riserva per noi oggi.
Si parla di tradizione e la tradizione nasce quando ci si imbatte in qualcosa che dona vita, si fa una esperienza di qualcosa di bello e si desidera ripeterla nel tempo perché di quei frutti si possa godere ancora. C’è un rischio… quello di voler fossilizzare la vita in una unica esperienza, ma bene o male la tradizione offre dei criteri per avanzare nel cammino.
Ora ascoltando questa pagina di Vangelo mi tornava l’espressione di Cicerone “o tempora o mores”… che tempi e che costumi che a volte viene utilizzata in tono ironico o sarcastico per criticare lo stile di vita dei tempi presenti non più corrispondenti ai criteri che si hanno. “non c’è più rispetto, non ci sono più valori… tutto oggi sembra andare alla deriva… non come i vecchi tempi”. Ma senza farla troppo catastrofica possiamo dire che simile è l’atteggiamento di chi si lamenta di un tempo presente che non sembra essere all’altezza delle aspettative che una “tradizione” ci ha offerto.
Non possiamo dire di essere al sicuro da questa tentazione. Qualche volta anche noi ci saremo trovati a
giudicare la realtà presente criticandola come non adeguata, mettendola a
confronto con quella “forma” che abbiamo ricevuto un tempo… che un tempo ci
aveva dato vita… ma dobbiamo dircelo… per quanto sia per noi fonte di
rassicurazione, è una “forma” che appartiene ai tempi passati!
Il rischio di piangersi addosso o di rimproverare gli altri, la società, i giovani perché le cose non vanno più secondo criteri e forme di un tempo è sempre presente. O forse possiamo anche trovarci a non giudicare le persone ed i costumi contemporanei, consapevoli di non essere migliori e di non aver assolutamente diritto di giudicare gli altri, ma coltiviamo nel fondo del cuore una tristezza o una nostalgia dei tempi passati, nei quali ci sembrava che tutto andasse meglio o che ci fosse “vita” per noi… una vita che oggi non riusciamo a vedere, a cogliere ed accogliere nelle pieghe di una vita ordinaria che sembra viaggiare su un binario che è tanto lontano da Dio o da quella vita che avevamo sperimentato in abbondanza, o che ci aspetteremmo di dover trovare qui ed ora.
E questo non avviene solo guardando la società attorno a noi… ma il rischio di ripiegarsi su di sé può avvenire anche vedendo le vicende che coinvolgono la nostra stessa piccola cerchia familiare o comunitaria. Nulla è più come un tempo… oppure non c’è più quanto mi attenderei da questa realtà…
Ipocriti! È la parola sferzante con la quale il Signore Gesù vuole
risvegliare le nostre coscienze. Una parola non piacevole da sentire ma che
dice una verità… quella che significa questa stessa parola: incapaci di giudicare, incapaci di un
discernimento.
Spesso quando questa parola viene utilizzata la connotiamo
in modo sprezzante… giudicante. Mi riesce però difficile immaginare Gesù
utilizzare questa parola in modo freddo e distaccato, o addirittura tagliente,
e non volta a prendersi cura anche del cammino di questi scribi e farisei, o
del fariseismo che abita anche il nostro cuore.
Se provassimo ad ascoltare questa parola come una parola che
ci è rivolta da Gesù con amore paterno, coglieremmo la preoccupazione e la
tenerezza di chi vede i propri figli prendere delle cantonate e li esorta ad
aprire gli occhi. È un po' come il rimprovero che Gesù rivolge ai discepoli di
Emmaus quando li richiama a rileggere la realtà da una angolatura diversa: stolti e tardi di cuore…
Rischiamo infatti di indossare degli occhiali con dei filtri che rischiano di farci dimenticare una verità fondamentale che le letture di oggi ci ricordano: Dio è vicino, è “l’eterno presente”, e accompagna i nostri giorni, i nostri passi. Ma ce ne rendiamo conto solo quando i nostri occhi si rivolgono a Lui:
quale grande nazione ha la divinità così vicina a sé come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? … ogni volta che lo cerchiamo, ci rivolgiamo a Lui
E Giacomo ci ricorda che la volontà di amore del Padre ci tiene in vita e che da Lui viene ogni dono perfetto.
La vita c’è ed è donata ogni istante, in abbondanza. Però un
velo di impurità rischia di depositarsi sulle lenti dei nostri occhiali e ci
spinge a guardare il mondo con sospetto spingendoci a difendere la vita per
noi, a possederla, a strapparla e a rubarla:
dal cuore degli uomini escono le intenzioni cattive: fornicazioni,
furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia,
calunnia, superbia, stoltezza.
Che cosa sono queste intenzioni cattive se non reazioni che nascono dal cuore a partire da uno sguardo non puro sul mondo e sulla realtà? Da cosa nascono queste intenzioni cattive se non dalla paura che una vita ci sarà privata, negata? Allora il nostro cuore si infiamma di bramosia volendo trattenere ad ogni costo per sé affetti, nutrimento, denaro, potere… tutto questo nasce perché ci dimentichiamo che
Ogni dono perfetto viene dall’alto e discende dal Padre della luce.
Ci sono nuovi germogli che Dio suscita e continua a suscitare
oggi! Germogli di vita apparentemente timidi, silenziosi, ma che nascono qui e
lì e si mostrano a coloro che li cercano.
Germogli che saremo capaci di cogliere solo custodendo la
curiosità per una Vita nuova, solo se non ci accontenteremo di dimorare nelle
nostre convinzioni, solo se avremo il coraggio di lasciarci scuotere nelle
nostre sicurezze, solo se coltiveremo serenamente una sana inquietudine, quella
di chi sa che il “qui e ora” non è il
tutto della nostra vita.
Carlo Maria Martini diceva “l’importante è che impariate ad inquietarvi. Se credenti, a inquietarvi
della vostra fede, se non credenti a inquietarvi della vostra non credenza”…
facendosi continui cercatori di germogli di vita.
Sarebbe bello allora nel cuore di questa celebrazione, nel
momento di silenzio che faremo tra poco, provare a pensare a quali germogli intravvedo
nascere nella mia vita… quale segno di vita si rende presente nel mio
ordinario? Custodendo lo stupore nel cuore, uniamo la nostra gratitudine al
pane e al vino che offriremo per rendere grazie… e dimoriamo nella gioia e
nella pace, facendo nostre le parole del popolo d’Israele
fr. Emanuele
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