Omelia per la XV domenica del Tempo Ordinario (14 luglio 2024 - Anno B)
Il Vangelo di oggi ci presenta l’invio in
missione degli apostoli nella versione di Marco. Naturalmente tutti restiamo
stupiti per la radicalità e per l’estrema spogliazione di mezzi materiali nella
quale vengono inviati: nessuna sicurezza materiale “E ordinò loro di non
pendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né
denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.”
Se poi leggiamo lo stesso brano nella versione di Luca ci appare una radicalità
ancora più dura: “Non prendete nulla per il viaggio: né bastone, né
bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno.” Curioso il
particolare del bastone! Marco lo permette, Luca no. Il bastone in genere serve
per appoggiarsi e per difendersi. Luca, sempre più radicale nell’abbandono dei
beni e delle sicurezze materiali, mette sulla bocca di Gesù questo particolare
perché vuole che gli inviati di Gesù non abbiano alcun appoggio che Lui, e
vadano in missione senza difese, come agnelli in mezzo ai lupi. In entrambi gli
evangelisti vi è il conferimento agli inviati del potere di guarire dalle
malattie e di scacciare i demoni, e anche questo è un dono e non un possesso,
come pure la pace che augurano ai villaggi e alla casa che li accolgono.
Inoltre vuole che per le loro necessità si affidino totalmente alla
provvidenza: una sola casa li deve ospitare, e non devono passare di casa in
casa chiedendo il necessario per vivere. Occhi e cuore devono essere solo fissi
su di Lui e sulla missione da lui ricevuta. E’ il mistero di ogni vocazione.
Già la prima lettura ci presenta il profeta Amos, che era un semplice contadino
ed è stato chiamato per i misteriosi disegno di Dio a essere profeta,
probabilmente suo malgrado, e senza dubbio senza alcun suo merito. La scelta
degli inviati di Dio non ha criteri umani, è nella mente di Dio, che ci ama e
ci forma alla missione alla quale ci chiama fin dal seno materno. I dodici
devono andare in missione solo con la ricchezza del loro rapporto vitale con
Gesù e in obbedienza alla sua parola.
S. Paolo nella seconda lettura ci svela un
disegno che sfugge alla nostra capacità umana e che Egli contempla in Dio fin
dalla fondazione del mondo, dicendoci che in Cristo Egli ci ha scelti ancor
prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto
nella carità.
Solo in questo testo, tratto dalla lettera
agli Efesini, San Paolo usa l’espressione “In Lui” o altre formule equivalenti,
almeno una dozzina di volte, e nelle sue lettere la locuzione “In Cristo Gesù”
appare almeno 150 volte, se non di più. Questo esprime la consapevolezza che i
discepoli di Cristo sono una cosa sola con il lori Signore: vivono in Lui,
vivono per lui, vivono di Lui e della Sua Parola. Da lui ricevono la missione
di predicare il Regno, di scacciare i demoni e di curare le malattie. Chi
accoglie loro accoglie lui, chi ascolta loro ascolta lui. Perché in Cristo noi
formiamo un solo Corpo, un solo “edificio spirituale”. Se andiamo poi alla
letteratura giovannea questa medesima idea viene espressa con altre espressioni
molto suggestive: “dimorare in Lui” “essere una cosa sola con Lui, come Lui è
una cosa sola col Padre” Essere come i tralci innestati nella vite per portare
molto frutto.
In Lui siamo stati battezzati e quindi
rigenerati, e la sua grazia non ci ha solo liberato dal peccato e dalla morte,
ma ci ha resi figli adottivi riversandola su di noi con abbondanza, e
inviandoci a ricondurre a Cristo, nostro Capo, tutte le cose, quelle nei cieli
e quelle sulla terra: tutto deve partecipare alla vita divina, tutto dev’essere
ricondotto a Dio in modo ordinato, e dal caos introdotto nella creazione dal
peccato dell’uomo si deve formare un nuovo corpo, nel quale tutta la creazione
viva “a lode della sua gloria”. E’ una vocazione e una missione che supera
totalmente la nostra capacità di comprensione e va soltanto contemplata e
adorata, rendendo grazie a Dio per tanta ricchezza riversata su di noi tramite
il sacrificio redentore di Cristo e l’opera dello Spirito Santo.
E’ bello pensare che tutte le nostre piccole
vite contribuiscono al compimento di questo disegno universale di salvezza e di
bellezza: è proprio questa la bellezza che salverà il mondo, aprendolo a “cieli
nuovi e terra nuova”. Vivendo in Cristo, figli nel Figlio, noi scopriamo questo
progetto di Dio creatore, che fin dall’eternità Egli ha contemplato nel Figlio,
e partecipiamo al grande “sogno” di Dio: fare del Cristo il cuore del mondo,
riportare uomini e cose a Lui nella “forma” che a Lui piace di più: quella del
Suo Figlio diletto nel Quale ha posto tutta la sua compiacenza. E in questo
disegno universale di salvezza per tutto l’universo noi scopriamo l’azione
dello Spirito Santo, come ci dice ancora la seconda lettura: “In Lui
(Cristo) anche voi, dopo aver ascoltato la parola di verità, il Vangelo della
vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello
Spirito Santo che era stato promesso, il Quale è caparra della nostra eredità,
in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode
della sua gloria”. E’ lo Spirito Santo che porta a compimento in ciascuno
di noi e in tutta la creazione questo grande disegno di salvezza, trasformando
in Cristo tutto ciò che non è Cristo. Ed è bello pensare che ciascuno di noi,
vivendo bene la sua vocazione battesimale, trascina con sé “un pezzo di
Chiesa”, e che la nostra lotta contro il male e la nostra conversione personale
coinvolge misteriosamente tutti gli uomini e tutta la creazione, anzi, che la
nostra salvezza personale è solo secondaria rispetto alla salvezza universale
per la quale tutti dobbiamo operare e sostenerci reciprocamente.
Come Amos, semplice contadino, è stato
inviato a profetizzare su Israele, senza alcun suo merito ma per pura volontà
di Dio, così anche noi siamo chiamati nella povertà della nostra persona e
della nostra vita a essere profeti e costruttori del Regno di Dio, vivendo a
lode della sua Gloria perché ogni creatura lodi in Lui “l’amor che move il sole
e l’altre stelle”.
Fr Gabriele
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