Omelia della domenica XXI del T.O. (21/08/2022 -Anno C-)
Per fortuna la lettera agli Ebrei ci avverte: “il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio”, altrimenti la severità del Vangelo ci abbatterebbe e entreremmo in una depressione sfiduciata.
Le parole del Signore sono severe, è vero, ma tutto il clima delle letture di oggi ci parla di una vera paternità del Signore verso di noi, una paternità attenta e affettuosa, senza abdicare a nulla del dovere e del diritto paterno. Già il libro di Isaia ci presenta il Signore come qualcuno che cura le ferite e salva il suo popolo riconducendolo alla sua terra dopo un tempo di dispersione a causa dell’infedeltà prolungata dei tempi della gloria dei due Regni.
Il Signore aveva detto: bussate e vi sarà aperto; come può oggi dirci: voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”? E’ possibile che il nostro Dio Buono e Misericordioso, possa rifiutare di accoglierci quando busseremo alla sua porta dopo averci promesso che ci aprirà? Se ce lo dice dobbiamo lasciare queste parole dure penetrare il nostro cuore, non certo per disperare, ma per capire qual’è la correzione del Padre che corregge il figlio che ama contenuta in queste parole. Cosa può voler dire non vi conosco? Non siete dei miei. Suoi possono essere anche coloro che non lo conoscono, ma dato che Dio non vede il male, non può vederlo, chi fa il male davanti a lui non lo vede e quindi non lo conosce.
E’ ancora una forma di Misericordia non vedere il male, ma certamente i suoi occhi, occhi dell’Amore, non riescono a vedere chi fa il male. Vede coloro che sulla terra tornano a Lui malridotti come il figlio prodigo, come non distoglie gli occhi da un lebbroso. Vede chi che, come Pietro, si è avventurato in una impresa impossibile agli uomini e rischia di annegare lo vede quando piange il suo tradimento, vede il cuore della Samaritana stanca di una vita senza senso, vede il bandito angosciato per una morte che arriva atrocemente lenta, e non trova altro che sperare in lui. Ma chi fa il male non lo vede. I duri di cuore che condannano chi si presenta di Sabato non li vede: gira il suo sguardo colmo d’ira, ma non vede nessuno che cerchi il bene e che cerchi Dio.
Come non ha guardato gli accusatori dell’adultera, freddamente giusti, mentre ha guardato lei la peccatrice colma di angoscia. Per questo non può riconoscere colui che si presenta senza aver mai mostrato il suo volto, senza aver mai acceso su di sé la luce dell’amore, della fede, della speranza, del desiderio del perdono. Colui che guarda solo se stesso e non alza gli occhi per abbracciare i suoi fratelli e sorelle, come il ricco alla cui porta stava il povero Lazzaro, riempie tutto lo spazio intorno a sé col suo egocentrismo e l’occhio di Dio non può vederlo.
Allora gli dirà: non ti conosco, non ti ho mai visto. Non essere riconosciuto dall’Amore è una cosa durissima, perché alla fine è l’unica cosa che ci aprirà alla vita. Per questo il Padre buono, Gesù stesso continua a lanciare il suo appello, a gridare: alzate gli occhi e guardate, togliete le maschere e mostratevi, riconoscetevi figli, anche se peccatori, perché io possa riconoscervi e perdonarvi. Ancora nella lettera agli Ebrei è detto: “sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati.” Questo frutto è offerto a chi si lascia guardare, trafiggere dallo sguardo della Misericordia.
Potrebbe apparire come una soluzione facile, ma non lo è. Lasciarsi guardare come siamo e amare fino al perdono è la porta stretta di cui il Signore ha detto: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”: la porta stretta non permette di passare con abiti gonfi d’orgoglio, con borse cariche di oro, con un apparato che ci maschera: la porta stretta la si traversa nudi e con le mani vuote, e ogni gesto che facciamo per raggiungere questa nudità è un vero sforzo. Qual è la cosa che ci aiuta a passare questa porta? Il credere all’amore e accettare di essere un povero che bussa per essere accolto e non un ricco che pretende di entrare in un palazzo su cui ha diritto. Non abbiamo diritto di essere amati fino alla Misericordia infinita, ma possiamo umilmente chiederla e nel cammino della vita essere contenti delle briciole che troviamo sulla strada o sotto la tavola dell’ospite che ci accoglie.
Però alla fine la sazietà della gioia sarà totale. Per questo il Signore ci corregge, non punisce o tortura, durante la vita, perché vuole renderci santi e immacolati alla sua presenza, in modo che nessuna ombra in noi, nel nostro sguardo o nel nostro cuore, offuschi la luce che vuole inondarci. Se vediamo qualcuno sotto il peso della correzione stiamogli vicini, perché la sua purificazione purificherà anche noi. Allora tutti insieme vedremo spalancarsi la porta e saremo chiamati per nome da Colui che ci riconosce come amici, fratelli e figli diletti.
P. Cesare
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