Omelia della domenica XXXIV del T.O. (21/11/2021 - Anno B -) CRISTO RE
La preghiera iniziale ci ha fatto dire: “Fa' che ogni creatura, libera dalla schiavitù del peccato, ti serva e ti lodi senza fine”: troviamo in queste parole il colore della festa di oggi: Cristo Re. Gesù, Verbo di Dio, venuto sulla terra per amore di noi tutti, è un Re che libera e che non ci rende schiavi sottomessi a un potere arbitrario.
Le visioni del profeta Daniele e dell’Apocalisse lo presentano nella gloria e pieno di potenza, ma anche Figlio dell’uomo, nostro consanguineo; e il Vangelo lo mostra nella più umile e umiliante delle condizioni umane: vittima di un processo ingiusto e addirittura assurdo, giudicato e condannato da un giudice che lo sapeva innocente. Eppure nella suprema umiliazione per la prima volta Gesù si dichiara Re. Proprio a questo uomo, ridotto alla più misera condizione è stato dato: “potere, gloria e regno” come dice Daniele. La regalità di Gesù ci dice la presenza di Dio, attento al cammino dell’uomo, sceso nell’abisso più profondo per liberarci.
Lui solo ne ha il potere. Gesù davanti a Pilato sconvolge tutti i nostri equilibri, mostra la sua grande dignità e con essa quella di tutti gli umiliati della terra. Non ci si deve fermare alle apparenze, ai teatrini umani. La Verità è ben altra e sprigiona nelle tenebre una grande luce.
Noi cerchiamo molti appoggi e sicurezze; è la conseguenza della nostra povertà e fragilità, sempre in cerca di un potere, che, se cercato solo sulla terra, ci tradirà sempre. I poteri forti perdono il senso della povertà, che è la vera natura dell’uomo, e mentono con le parole e le opere; dimenticano che la creatura umana, come lo diceva il Vangelo di qualche giorno fa, è casa di preghiera, cioè luogo in cui ci si appoggia e si vive una comunione che ci dà la vera grandezza. Guardare Gesù umiliato davanti a Pilato, il vero detentore del Potere e del Regno davanti a un delegato di un potere effimero, ci insegna qual’è la nostra natura, chi siamo veramente e ci dà la fierezza umile che vediamo in Gesù.
A conclusione dell’anno liturgico la Chiesa ci chiede di meditare e rivedere il nostro concetto della vita: abbiamo percorso un lungo cammino illuminati dalla Parola di Dio e fortificati dai sacramenti e dalla Grazia. Forse abbiamo anche cercato di rispondere a tanti doni con la preghiera e abbiamo lasciato il Vangelo cambiare la nostra vita, convertirci alla bontà divina ricevuta e riflessa dal nostro modo di vivere: ma, oggi, posti davanti al Cristo Re, comprendiamo il significato del cammino fatto. Nella migliore delle ipotesi non siamo diventati “più” qualcosa, salvo che più fratelli di coloro a cui Dio ha annunciato la Buona Novella: ai poveri. Nella sua misericordia il Signore non ci rimprovera per i pochi passi fatti, ma con Domenica prossima ci riapre il cammino, perché le braccia del Signore non si chiudono mai nell’attesa di poterci abbracciare come coloro che si affidano alla sua bontà.
Questo è il Cristo Re. L’Apocalisse ci dona il vero sguardo su Gesù: “A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue”: questo è il vero Re, colui che ci ama e che tutto ha fatto per amore e solo per amore, senza il minimo senso di conquista. Siamo il suo Regno, ma regno d’amore. Possiamo, con cuore libero e aperto, definire Gesù: Colui che ci ama? E quindi dare questa impronta alla nostra preghiera, alle nostre difficoltà, alle vicissitudini della nostra vita, al nostro sguardo sulla storia, la nostra storia e quella del mondo che ci circonda, al nostro futuro? Questa è la conversione che ci è chiesta oggi e continuamente. Per Cristo Re si può morire, e tanti sono morti, ma nella dolcezza del sapersi amati. E come ci ha amati? Liberandoci dai nostri peccati col suo sangue, cioè con la sua vita: ha dato la sua in cambio della nostra, della nostra libertà, della nostra salvezza, della nostra gioia. Il peccato è ciò che davvero ci umilia e ci degrada, non un processo ingiusto. Offrendosi con amore al Padre ha fatto di noi un Regno di sacerdoti: popolo sacerdotale, popolo che offre a Dio l’offerta gradita della salvezza. Di questo Regno siamo tutti pietre vive, colonne portanti, ministri attivi e generosi, insieme a Cristo nostro Re. Ogni volta che ci accostiamo all’altare, ognuno secondo il suo posto nella Chiesa, offriamo al Padre l’Offerta della nostra salvezza, l’Agnello Immacolato nostro vero Dio, e noi stessi santificati dallo Spirito santo.
È ciò che significhiamo partecipando con il nostro assenso e la nostra benedizione al Signore nel momento in cui il celebrante offre il Pane e il Vino durante la Messa.
Ricordiamo la Parola di Gesù che ci apre un grande orizzonte: “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. La verità non è tanto un enunciato teologico, quanto la nostra partecipazione alla Vita di Cristo, il nostro aderire a Lui che è la Verità, il volto del Padre che si manifesta agli uomini.
P. Cesare
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